Nel 2020 il volto delle città è innegabilmente cambiato. Quei luoghi che associamo alla frenesia, al rumore, alla vitalità – luoghi che non si fermano mai – hanno invece mostrato un volto molto diverso. Durante i giorni più duri del lockdown imposto a causa della diffusione del virus SARS-CoV-2 circa metà della popolazione mondiale (4 miliardi di persone) è stata confinata in casa come misura di prevenzione del contagio. Le immagini delle città deserte sono forse tra le più efficaci per descrivere quelle settimane in cui il mondo si è quasi fermato.

Tale situazione colpisce anche perché la centralità del mondo urbano è sembrata negli ultimi anni sempre più inarrestabile. Per la prima volta nella storia dell’umanità, nel 2007, il numero di persone che vive in città ha superato quello di coloro che vivono in campagna. E da allora il trend è in crescita (almeno nel mondo pre-coronavirus). Anche se il sorpasso è recente, resta indubitabile, però, che la città ha da sempre rappresentato una sineddoche per indicare la società, la civiltà, lo sviluppo e la politica in genere. E viceversa: nell’antichità greca ad esempio per indicare una determinata polis si adoperava il nome della popolazione invece del nome proprio della città (gli Ateniesi anziché Atene). L’accento era posto sulla collettività piuttosto che sullo spazio urbano: la città la fanno i cittadini.

La città diventa dunque un prisma eccellente per discernere e separare innumerevoli fenomeni che caratterizzano il nostro “mondo”.

Il punto di partenza sarà riflettere su che cosa siano le città, iniziando dalla loro storia per tentare di definirle. Sono spazi fisici, sociali, economici? E che ne è oggi del legame che da sempre nella storia si è dato tra città e politica? È possibile definire la città senza il suo contraltare, la campagna?

Un ulteriore passo sarà quello di affrontare la città analizzando i diversi mondi che la compongono, sviluppando la classica dicotomia centro/periferia nel suo significato spaziale e socio-economico, anche e soprattutto nelle sue declinazioni più attuali. Che ruolo ha il fenomeno della gentrificazione? Che significato politico si cela dietro i termini decoro e degrado? In che modo la pandemia e i suoi effetti hanno modificato il rapporto tra città e campagna?

E infine in che modo è possibile recuperare il significato utopico che da sempre si accompagna alla città? Come immaginare una città diversa che rimetta al centro la persona, la vivibilità, la lotta ai cambiamenti climatici? Che ruolo hanno o possono avere le nuove tecnologie e le reti sociali digitali nella progettazione della città del futuro?

Queste e altre domande verranno affrontate unendo riflessioni sociologiche, urbanistiche e storiche, provando a ragionare su un luogo, la città, che assume sempre più le fattezze di un mondo.

A cura di Daniele Gorgone.

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