di Claretta Caroppo (Digi.To)

Gremita di persone la sala del Cineporto che sabato per Biennale Democrazia ha accolto Sponde. Nel sicuro sole del nord, film documentario di Irene Dionisio vincitore del premio Solinas.

«La mia idea di fare documentario – ha spiegato la regista prima della proiezione – nasce dalla volontà di avere uno sguardo non solo legato alla cronaca, ma alla contemporaneità tutta». Il racconto di Sponde mette a confronto la vita quotidiana di due individui – il tunisino Mohsen e il lampedusano Vincenzo – separati da una lingua di mare lunga 60 miglia e legati da un rapporto epistolare profondissimo: entrambi, anche a costo di essere dileggiati dalla loro comunità, hanno scelto di vivere il tempo tragico degli sbarchi prendendosi cura degli amari doni portati dal mare, resti di coloro che hanno tentato di attraversare il Mediterraneo (corpi senza vita, ma anche oggetti della quotidianità, abiti, bottiglie) riservando loro una degna sepoltura.

Alla fine della proiezione, interrogata dal pubblico, Irene Dionisio ha raccontato la genesi del suo racconto: «Ero a Torino a preparare un corso sul cinema documentario e un insegnante mi ha fatto leggere un articolo di Amnesty International che accennava al rapporto epistolare dei due protagonisti. Ho capito che da lì volevo partire per raccontare questa storia contemporanea, da un’idea semplice. Ho trascorso del tempo con loro a Lampedusa e in Tunisia. Nelle loro azioni ci ho visto non tanto una spinta eroica, quanto invece un impulso personale estremamente umano e naif».

Gabriele Del Grande, che ha moderato l’incontro, ha sottolineato il legame del documentario con la storia di Antigone, protagonista della tragedia sofoclea che sfida il potere e si sacrifica per dare sepoltura degna al fratello, considerato un traditore: «Lo sguardo all’orizzonte e le parole di Mosen ci ricordano la ricerca essenziale di quello che ci lega e non che ci separa».

A fine incontro un professore ha promesso che farà vedere il documentario ai suoi alunni, la sala ha applaudito, accogliendo poi con interesse l’intervento di una rappresentante della Rete Senza Asilo, invitata da Irene Dionisio. La Rete si occupa di prendersi cura di tutti i migranti – ragazzi, uomini e donne – che, arrivati in Italia, fanno un percorso di integrazione: imparano una lingua e spesso un mestiere ma si ritrovano alla fine con un doppio diniego. Non possono studiare né lavorare perché la loro richiesta di asilo è stata respinta, ma non possono neppure tornare nei loro paesi.